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mercoledì 31 marzo 2010

BUG

Anno: 2006
Regia: William Friedkin.
Interpreti: Ashley Judd, Harry Connick Jr, Michael Shannon.

Nella sua opera più famosa ("L'Esorcista", ndr), William Friedkin gioca ad accompagnare lo spettatore là dove si annida il Male. In questo semisconosciuto "BUG", egli sceglie invece di ribaltare il meccanismo, facendo arrivare il Male da fuori, da lontano: esplicativa, in questo senso, è la zoomata iniziale su quella stanza di motel che sarà praticamente l'unica location del film. E mentre ne "L'Esorcista" si tratta di un male tangibile ed estremo, seppur oscuro in quanto soprannaturale, qui si ha a che fare con qualcosa di non immediatamente riconoscibile né identificabile: la protagonista Agnes, donna dal passato difficile e dalla vita disordinata, dovrà solo apparentemente guardarsi dal ritorno a casa del marito ex-galeotto...la vera minaccia, per lei, sarà rappresentata invece dal mansueto Peter, giovane sconosciuto presentatole casualmente da un'amica in una serata di "bisbocce". Tale minaccia avrà inizialmente il volto subdolo dell'amore e farà leva sulle debolezze e fragilità della protagonista, fino ad assumere lentamente le sembianze di una condivisa paranoia autodistruttiva.
In questo crescendo di follia, che volontariamente ho riassunto nel modo meno chiaro possibile, sia il regista che gli attori protagonisti metteranno egregiamente del proprio: ottimo Friedkin nel delineare un'atmosfera prima ambigua e poi tesa al punto giusto, buoni anche Judd e Shannon nell'interpretazione di personaggi sicuramente complessi. Peccato per un doppiaggio secondo me non all'altezza.
Pur non trattandosi di un capolavoro, ritengo dunque questo BUG un film consigliabile, tenendo anche conto del fatto (lo dico soprattutto per chi ha la fobia degli insetti e potrebbe tentennare di fronte al titolo), che di bug non se vede neanche mezzo...

Voto:



venerdì 26 marzo 2010

Sherlock Holmes


Anno: 2009.
Regia: Guy Ritchie.
Interpreti: Robert Downey Jr., Jude Law, Rachel McAdams.

Non è cosa largamente risaputa che Sir Arthur Conan Doyle detestasse quel suo investigatoretto spocchioso, e che continuasse a scriverne pur di accontentare la gran fetta di popolino che si permetteva di reclamare, e a gran voce, nuovi misteri dipanati su carta stampata. Beh, io sono sicurissima che, dall'alto, dopo aver "goduto" di questo film, il buon baronetto se l'è risa proprio di gusto, nel vedere finalmente l'odiato personaggio, tanto più famoso di lui, ritratto così, un saputello antipatico, malvestito e dal ragionamento non troppo arguto.
Sherlock Holmes, nei periodi di forzata inattività intellettuale, entrava sì in uno stato di profonda depressione, ma non si sarebbe mai ridotto a rinchiudersi in una stanza al buio, nel disordine e nello sporco, ricoperto di stracci, come invece ci dà a vedere questa pellicola. Ma soprattutto, il suo genio era da imputarsi in primo luogo all'uso scientifico della logica, che in un ragionamento lascia ben poco all'azzardo. Le continue prove d'arguzia del personaggio di questo film, invece, sono semplicemente frutto dell'osservazione o del calcolo, e quindi in larga parte opinabili.
La caratterizzazione di Watson è pure peggiore: da collaboratore attento e devoto, è diventato sfrontato e stanco delle avventure vissute col maestro. Da fedele discepolo a balia irrispettosa, al massimo incuriosita dal fascino dell'investigazione.
Venendo alla regia: non mi ha convinta, essendo un po' troppo da film d'azione, con poco gusto e misura. Orrende le scene di ralenti, cito quella della scazzottata del protagonista con l'energumeno, nella quale, come in un videogioco, Sherlock Holmes calcola a velocità supersonica il colpo da inferire e la prognosi di questo. Nemmeno i dialoghi, in generale, mi sono troppo piaciuti. E' la classe degli scritti originali che manca totalmente a questo film, mentre si ritrova zeppo di "commercialate", citazioni forzate prese un po' qui un po' là, messe in campo per entusiasmare il pubblico pagante.
Carina (non bella) invece la trama, sviluppata intorno al tema del soprannaturale, caro a Sir Arthur Conan Doyle, che lascia qualche vuoto narrativo, che comunque Guy Ritchie riesce a non far stonare, con il preciso scopo di riempirli in un sequel.
Molto buone le recitazioni.
QUASI promosso.


Voto:






giovedì 25 marzo 2010

Cose da pazzi


Anno: 2005.
Regia: Vincenzo Salemme.
Interpreti: Maurizio Casagrande, Lidia Vitale, Vincenzo Salemme, Biagio Izzo.

Film dal titolo che non promette niente di buono, si scopre tuttavia piacevole: commedietta leggera al punto giusto, condita con personaggi strambi e simpatiche gag, che fa sorridere in qualche punto e richiama al serio nell'epilogo.
E' la storia di un impiegato dell'Inps, il classico personaggio dalla vita umile e zeppo di principi morali filo-cattolici, che ogni 27 del mese si ritrova nella cassetta della posta 50.000 euro da mano anonima, senza che ne venga spiegato il motivo. Col passare dei mesi, la famiglia Cocuzza diventa vittima di questi doni, sprofondando in un clima di diffidenza e paura (Cito: "A volte la fortuna fa più paura della sfortuna, le fortune si pagano!"), alimentato anche dalle incursioni grottesche di un Salemme che recita vari personaggi, volutamente poco credibili. L'epilogo ha il sapore della critica alla società di oggi, nella quale la caduta o la sopravvivenza di un ideale è determinata dal caso e dall'occasione, più che dalla sua validità.
E' più che altro questa trama, ripresa da uno spettacolo teatrale anni '90 del regista stesso, che dà tono al film, la cui resa è invece solo passabile, in virtù di una rosa di attori non tutta eccelsa e di una regia che mi dispiace definire semplice semplice, quasi rudimentale. Ottime le recitazioni di Salemme, Maurizio Casagrande e Lidia Vitale, intelligente l'idea di fondo.


Voto:


lunedì 22 marzo 2010

Alice in Wonderland


Anno: 2010
Regia: Tim Burton
Interpreti: Mia Wasikowska, Johnny Depp, Helena Bonham Carter

Non sempre la delusione sta nel semplice tradimento di un'aspettativa.
Pur prescindendo dal fascino che il binomio Tim Burton/Lewis Carroll susciterebbe in chiunque, dalle nuove (seppur artisticamente discutibili) prospettive visionarie aperte dall'ormai inflazionata tecnologia 3D, dall'attesa creata da un trailer meraviglioso in circolazione ormai da quasi un anno...prescindendo dunque da qualsiasi aspettativa (in questo caso inevitabilmente altissima e dunque più difficile da soddisfare), Alice in Wonderland è e rimane un film brutto. Brutto e noioso. E soprattutto inutile.
Non credo sia il caso di soffermarsi sulla discutibilità della trama, di per sé quantomeno "artificiosa" nel suo ridursi ad una ritrita lotta fra Bene e Male il cui esito sarà non solo scontato, ma addirittura anticipato già all'inizio della pellicola; nemmeno vale la pena infierire su un uso del tridimensionale assolutamente accessorio (su questo mi viene addirittura da rimpiangere Avatar) e sicuramente figlio non di una scelta artistica, ma solo di un trend del tutto contingente...queste, al limite, potrebbero essere debolezze concedibili (ma proprio al limite!) ad un'opera patrocinata dalla Disney e rivolta ad un pubblico più che mai vasto in tutti i sensi.
Ciò che è imperdonabile, a mio giudizio, è la totale assenza di magia della pellicola tutta.
Dopo un inizio, se vogliamo, piuttosto fedele al soggetto (anche e soprattutto a livello visivo), il Tim Burton che avrebbe dovuto accompagnarci per mano in quel "paese delle meraviglie" al quale solo lui e pochi altri avrebbero potuto aggiungere qualcosa d'interessante (almeno a livello rielaborativo, se non creativo), sembra egli stesso perdervisi: vi si perde tra gag più o meno azzeccate, personaggi che di interessante hanno quasi esclusivamente gli aspetti aderenti agli originali e poco altro, visioni per nulla strabilianti o particolari (anzi, molte scopiazzate dal cartone animato originale Disney), atmosfere alla cui piattezza devono arrendersi anche le musiche ed i classici coretti lirici del fedelissimo compositore burtoniano Elfman, il quale stavolta non riesce a metterci del suo...per intenderci: senza andare a scomodare quel Big Fish cui i Burton-aficionados, parlando del regista di Burbank, fanno sempre riferimento quale termine di paragone ed esempio di genialità cinematografica...ecco ciò di cui sto parlando:




Pausa.
Non voglio vendermi come conoscitore/esperto/esegeta della complicatissima opera letteraria di Lewis Carroll, anzi...confesso di non esserlo per nulla, ed è per questo che non mi sento di confrontare direttamente soggetto originale e film passando in rassegna tematiche socio-psico-logiche profonde, reali presunte o sottese, eventuali simbolismi/simbolicità, giochi linguistici o quant'altro...non giudicherò nello specifico l'Alice di Burton (interpretata comunque male), nè il suo Cappellaio o la sua Regina di Cuori (buoni invece Johnny Depp ed Helena Bonham Carter) in quanto personaggi più o meno fedeli o azzeccati: mi sento soltanto di ripetere che, una volta crollate tutte le aspettative e con le premesse di cui sopra, da profano, mi sarebbe piaciuto tanto godermi semplicemente un po' di magia, e che nella Burtonland non ne ho trovata neanche un pochetto. Beh, se devo essere sincero, sono stato oltretutto spiazzato dal fatto che nella Burtonland ho trovato anche poco, pochissimo Tim Burton!

Voto:



sabato 13 marzo 2010

Il nastro bianco


Anno: 2009
Regia: Michael Haneke
Interpreti: Susanne Lothar, Ulrich Tukur.

Appena conclusa la visione di un film, non sempre si è del tutto in grado di mettere a fuoco le impressioni da esso suscitate ed a commentarlo lucidamente: certe volte è meglio aspettare, far decantare le "reazioni a caldo" e lasciare che il tempo faccia affiorare, tra i ricordi, ciò che veramente si ritiene di avere da dire.
Ho visto "Il nastro bianco" ormai qualche mese fa, al cinema, e la prima considerazione che mi sovviene è che sicuramente è stato meglio così. Mi spiego: ricordo una fotografia straordinaria, con un bianco e nero da brivido che sicuramente la visione domestica penalizzerebbe notevolmente.
Ricordo anche una regìa sicuramente capace, ma caratterizzata da scelte stilistiche figlie della ferma volontà dell'autore di rimanere sul piano di un'asettica e fredda "descrittività" (com'era già stato, per Haneke, in "Funny Games"): scelte che, a lungo andare, ritengo possano risultare piuttosto discutibili, soprattutto alla luce della tematica etica piuttosto "cicciuta" che si è decisa di descrivere appunto, più che affrontare. Di quest'opera, infatti, mi è rimasta soprattutto la descrizione di un male imperante: nei bambini, negli adulti, nelle convenzioni sociali, nel potere laico ed in quello religioso. Da tali premesse, dunque, diventa palpabile il rischio di generare nello spettatore un loop continuo d'interrogativi piuttosto stizziti (...ma perché mi mostri questo? ...e perché così, gratuitamente? ...ma tu da che parte stai? ...e soprattutto: dove vuoi arrivare?)...e se pensiamo che molte delle risposte a questi interrogativi non sono rintracciabili nell'opera, ma soltanto (e neanche completamente) nelle dichiarazioni che il regista ha rilasciato a proposito di essa, beh allora capiamo come il senso di stizza ed insoddisfazione possa diventare, oltre che possibile, più che legittimo.
Narrativamente parlando, il film gioca sul mistero iniziale creatosi attorno ad alcuni fatti di cronaca che avvengono in un piccolo villaggio nel nord della Germania, nel 1914: l'appetito dello spettatore viene così stuzzicato con una suspence che ben presto si rivela volutamente accessoria e poco coinvolgente, mentre l'opera vira su denunce più o meno esplicite di un certo tipo di cultura, di educazione, di un sostrato sociale in cui, a detta del regista stesso, si anniderebbe il seme che di lì a poco darà vita al mostro del Nazismo.
Bei momenti di regìa e magnifiche inquadrature a parte, se questo è il significato profondo dell'opera, con tutta la modestia del caso, direi che la Palma d'Oro sembra quantomeno eccessiva.

Voto:



venerdì 5 marzo 2010

The Box


Anno: 2009
Regia: Richard Kelly
Interpreti: Cameron Diaz, James Marsden

Solitamente, per convenzione, si tende ad introdurre un film a partire dalla sua trama...ma per questo The Box, in uscita tra qualche settimana in Italia e per ora reperibile solo in inglese, direi che è il caso di cominciare da tutt'altri dettagli: fotografia e regìa.
La prima oserei dire eccelsa. Quello che definirei un "filtro anni '70" (periodo nel quale è ambientato il film), è già motivazione sufficiente per godersene qualche fotogramma: esso ricrea un'atmosfera straordinariamente vintage (se mi è lecito usare tale termine in àmbito cinematografico), che cita palesemente "The Shining". Splendido e riuscito omaggio.
Definirei la regìa a sua volta di buonissimo livello, anche se in questo caso i prestiti dallo stesso Kubrik cominciano a diventare un po' invadenti: ricerca quasi maniacale di alcune simmetrie, organizzazione e gestione degli spazi scopiazzata dal Maestro (un po' di Eyes Wide Shut per le scene domestiche, un po' di 2001 Odissea nello Spazio per gli ambienti tecnologici e futuristici, ancora molto Shining ed un po' di Arancia Meccanica nelle trame e nei colori degli arredi e nel modo di "usarli"), tentativo esplicito di ricreare alcune particolari atmosfere...Certo, c'è da dire che se la bravura di un regista si vede anche da quello che riesce a ricavare dagli attori che dirige, direi che Mr. Richard Kelly, dalla signorina qui sopra in locandina, non è riuscito a spremere poi un granché...
Detto questo, passando alla trama, "The Box" è un esperimento sufficientemente originale di fantascienza-misto horror-misto thriller psicologico, ma per questo forse poco conciliabile con la pretesa d'essere girato come se fosse un film d'autore: troppa carne al fuoco! Il ritmo narrativo risulta a volte decisamente troppo lento per una storia del genere (che era già stato soggetto, per intenderci, di una puntata di "Ai confini della realtà")...in più di un momento ho avuto l'impressione che la signora Noia cercasse invadente di sedersi al mio fianco mentre facevo da spettatore, e verso la fine del film ho dovuto cedere e farle un po' di posto vicino a me.
Consiglio questa pellicola a chi ama Stanley Kubrik in un modo non sufficientemente snob da aborrire qualsiasi tentativo di emularlo...ma se siete alla ricerca di alta tensione, adrenalina, suspence allora è meglio che andiate a cercare da qualche altra parte.

Voto: