Cineovo su Facebook!

Cerca nel blog

giovedì 28 gennaio 2010

Dancer in the dark

Anno: 2000.
Regia: Lars von Trier.
Interpreti: Bjork, Catherine Deneuve, David Morse, Peter Stormare.

L'inizio è il buio e la fine è silenzio.
Crudele, come credo solo Lars von Trier in questi anni. Geniale, anche perchè scevro della perversione che questo regista, in preda a delirio narcisistico e paranoico, ama brandire come arma contro le proprie eroine e, soprattutto, contro i propri spettatori.
Fedele alla regola del dogma secondo la quale non è permesso creare film di genere, questo in effetti non è un musical, pur essendolo. Le scene di canto e ballo, per la verità ben diluite nello svolgersi del tempo, delimitano una dimensione immaginaria, parallela al tronco narrativo principale, e hanno una ben precisa funzione, quella del preludio. Al termine (o anche nel bel mezzo) di ogni melodia di Bjork, sempre a connotazione positiva di speranza, il dio-regista infligge un colpo alla sua eroina, modificando non poco l'andamento della trama. Lo strumento "musical" diventa quindi cornice e servo del cinema di von Trier, quasi un coro in una tragedia greca.
Grandioso il personaggio di Selma, cieca eppure non limitata dalla perdita della vista, perchè "non c'è più nulla da vedere": vive di un mondo immaginario fatto di suoni, ritmo e musica, che la guida e sostiene, e nel quale l'atrocità è il completo silenzio.
La sequenze finale merita di essere ricordata, e spero di riuscire a rendervela.
[spoiler] 107 passi dividono la cella di Selma dalla sala delle esecuzioni capitali. Il silenzio domina la scena, rotto da un pianto disperato. Viene in soccorso a Selma Brenda, una guardia carceraria misericordiosa, che crea per la condannata un ritmo, in modo da farle trovare la forza di mettere un piede davanti all'altro per raggiungere la forca. La "magia" accade anche questa volta, dando il via all'ultima delle scene musicali-oniriche, nella quale Bjork, ora leggiadra e sorridente, volteggia per il corridoio del penitenziario, mentre la musica di sottofondo viene guidata dalla marcia incalzante della conta dei passi di Brenda. Il musical finisce in favore dell'inquadratura della stanza dell'impiccagione, e si torna alla dimensione del reale: spezzata dalla paura, Selma intona una melodia, "Questa non è l'ultima canzone", per trovare il coraggio di morire, quando il cappio intorno al suo collo si tende. L'ultima canzone è il silenzio nella sala [spoiler-end].
Raramente nella mia vita una scena di film mi ha fatto provare qualcosa di analogo: una morsa intorno al cuore di autentico e puro dolore.
Vorrei potervi parlare diffusamente anche della regia che guida "Dancer in the dark", perchè di sicuro anche questo film, così come tutti quelli del nostro regista danese, sarà zeppo di trucchetti/scelte stilistiche/tecnicismi geniali o eretici a seconda di come li si vuol vedere e di autocitazioni, ma il fatto è che questo film è così coinvolgente, ben fatto, ben recitato e ricolmo di emozione che passa in secondo piano il fatto che sia opera di quell'egocentricissimo Lars von Trier. Ricordo solo una camera a mano estremamente sfarfallante, da mal di mare, posata solo nelle sequenze musicali, riprese da più punti di vista: peccato, perchè poteva essere interessante girare anche queste sequenze a spalla. Incredibile scoperta quella della recitazione di Bjork, grandiosa.
Insomma, guardare "Dancer in the dark" è un'esperienza emotiva molto forte ma che non disturba, o almeno non lo fa oltre un ragionevole limite, e che quindi vi consiglio. E lo dico a malincuore, perchè non vi nascondo la mia profonda antipatia per Lars von Trier: ancora non gli perdono il turbamento provocatomi dalla visione di "Le onde del destino" e "Dogville". Quasi quasi mi dispiace dare sei ovetti a uno dei suoi film.


Voto:




2 commenti: