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sabato 27 febbraio 2010

Toro Scatenato


Anno: 1980.
Regia: Martin Scorsese.
Interpreti: Robert De Niro, Joe Pesci, Cathy Moriarty, Frank Vincent.

Tratto dall'omonima autobiografia del pugile Jake La Motta, appunto soprannominato il "toro scatenato del Bronx", il film ne racconta parte della vita e l'intera carriera: l'ascesa dell'Atleta fino ai massimi vertici del pugilato mondiale, con la conquista del titolo iridato dei pesi medi, e la disfatta dell'Uomo, vittima dei suoi stessi limiti caratteriali e culturali.
Difficile confutare le tesi di chi considera Raging Bull un mero "esercizio di stile" del regista italo-americano, anche qui in combutta con il suo attore-feticcio per eccellenza...effettivamente, per tutti quei 129 minuti di durata, a partire dai primissimi fotogrammi, è sicuramente la pura Estetica a farla da padrona: Toro Scatenato è poesia in movimento. Una bellezza che riesce a non scomparire mai, nonostante un linguaggio scurrile come mai si era sentito al cinema fino a quel momento, nonostante i pugni il sangue ed il sudore, nonostante l'ignoranza, il crudo realismo ed il grasso...
Bianco e nero d'altri tempi, musiche meravigliose, "ràlenti" mozzafiato (vedi la danza del "Toro" su sottofondo di Mascagni, nonché il primissimo sguardo di Vicki, a bordo piscina, nel giorno in cui lei ed il pugile fanno conoscenza).
Al tutto si aggiungono le interpretazioni straordinarie di un Bob De Niro ai massimi livelli e di un Joe Pesci semplicemente illuminato, oltre ad una regìa sorprendentemente in grado, a seconda dei momenti, ora di scomparire lasciando spazio ai protagonisti (vedi alcuni dialoghi particolarmente realistici), ora di ergersi essa stessa a protagonista assoluta.
In un altro post, osservavo come una delle domande che devono stare alla base di un'opera che racconta la storia di qualcuno, sia "perché raccontarla così?". Toro Scatenato è la risposta a quella domanda.
Capolavoro assoluto.

Voto:









venerdì 19 febbraio 2010

Avatar


Anno: 2009.
Regia: James Cameron.
Interpreti: Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Stephen Lang.

In barba agli incassi stellari ottenuti, che potrebbero benissimo risanare l'economia di mezza America del sud, io penso che Avatar sia un film davvero mediocre. O anche peggio.
Ricordo che, mentre subivo su quella poltrona la mastodontica durata del film, rimpiangevo di cuore di non aver investito quelle lunghissime tre ore in "posizione-a-stella-sul-letto-guardando-in-su" (che, va detto, non è che sia il massimo della vita).
L'accusa più ovvia che si può fare a questo film, e che ho letto in quasi tutte le critiche, è di un'eccessiva semplicità di trama, che in più punti ha persino il sapore del "già visto da qualche altra parte". Vero, verissimo, ma il problema di "Avatar" secondo me non è esattamente questo: non è infatti necessario, per la buona riuscita di un film, che esso ruoti intorno a un plot originale, mentre è invece fondamentale come questo viene svolto, sia in chiave tecnica che estetica. Per semplificare: è alquanto frequente la produzione di film che si sviluppano intorno ad alcuni "grandi temi", come per esempio la ricerca del sè, l'amore in qualche sua declinazione, il non-sense della vita; il giudizio su queste opere è necessariamente da porsi sulla qualità della resa appunto tecnico/estetica, poiché queste non si pongono fini filosofici ma di semplice intrattenimento, tentando di emozionare o di mettere a fuoco una determinata questione, potendo contare sul target di pubblico molto vasto assicurato appunto dall'universalità del tema di fondo. Tra parentesi: questo discorso vale per i filmetti che, poveretti, debbono riempirsi di tali valori pur di fare botteghino; tutt'altro ragionamento vale per il Cinema. Tornando a noi, "Avatar" parla della conquista di un mondo di fata da parte di un esercito di "cattivi" incivile e zozzo, di amore e libertà: cosa ci si poteva mai aspettare dalla trama?
Il vero problema di questa sceneggiatura è che è scritta malissimo. I dialoghi sono in larga parte affetti da una cacofonia che lede l'orecchio, i personaggi o sono tagliati con l'accetta oppure sono appena abbozzati, il piano della narrazione è tutto sul qui e ora, tralasciando una serie di informazioni che andavano date allo spettatore, come per es. la storia di Jake Sully, come la Terra si è auto-distrutta e via dicendo. Ma non mi fermo qui. L'errore più grossolano (ma è una dura lotta) di scrittura è stato compiuto nella struttura stessa della sceneggiatura: il film si sviluppa infatti secondo una trama lineare composta da macro-blocchi narrativi (es.: l'arrivo a Pandora; lo studio della civiltà Na'vi; il tradimento di Jake Sully...etc...), in primo luogo in disequilibrio in termini di tempo e ritmo, in secondo luogo uniti da nessi logici troppo deboli, giocati su un meccanismo di consequenzialità banalizzato all'estremo.
Veniamo ora ai due aspetti che mi hanno irritato ancora di più rispetto a quello narrativo.
Il primo è ovvio: tutto su Pandora è a prova di idiota. Nel senso che la grafica ha continuamente scelto per l'oggetto alieno forme che ricordano molto le corrispettive terrestri, in modo che la decodificazione del sistema risultasse semplice ai più (es: animali che ricordano troppo da vicino pterodattili, scorpioni, cani selvatici e scimmiette; piante e fiori non così impossibili da trovare in qualche foresta tropicale; un alternarsi di notte/giorno così simile al nostro). Sinceramente mi aspettavo di più. Volendo ampliare questa osservazione, ho trovato simile a qualcosa di "terrestre" anche la tanto decantata comunione con la natura del popolo Na'vi, rintracciabile in molte delle nostre religioni/culture non monoteiste, così come la struttura sociale di questo, semplicemente tribale e gerarchica. Insomma, io ho avuto la netta sensazione che, nel costruire l'insieme formale e contenutistico della civiltà Na'vi, si sia attinto un po' qui un po' là da varie culture minori, cito quella Masai, condendo il risultato con tanti colori e animaletti dall'aspetto pasticciato. E' come scrivere una canzone che ricorda un grande successo: piacerà di sicuro al pubblico, proprio perchè in un certo qual modo già sentita.
L'altro aspetto di "Avatar" che mi ha irritata è più facile a spiegarsi con una domanda: come può esistere empatia tra due sistemi affettivi incommensurabili? Quello che io non capisco è come Cameron abbia potuto antropomorfizzare in maniera così estrema i sentimenti dei Na'vi, le loro simbolizzazioni ed espressioni. A me ha dato una sensazione di profonda irrealtà, proprio perchè dal mio punto di vista è impossibile un alieno con un cuore e un'anima umani.
Ora che l'ho praticamente demolito, è giunta l'ora di dire quello che mi è piaciuto in questo film.
Le recitazioni di tutti gli attori principali mi sono sembrate più che buone, il che significa che sono state anche ben dirette.
Fantastici gli effetti speciali e l'animazione: ricordo visi e sguardi dall'espressività mai vista prima, unica. Ottimo il "design" dell'immagine, sempre ben costruito e guidato da una bellezza curatissima. "Avatar" è pioniere in questo senso, riesce a stupire e non poco. Onore al merito.
Per il resto...un elaboratissimo prodotto di marketing.

Voto:









giovedì 18 febbraio 2010

Le mele di Adamo

Anno: 2005.
Regia: Anders Thomas Jensen.
Interpreti: Ulrich Thomsen, Mads Mikkelsen.

E' la storia di un moderno Giobbe alle prese con malattie mortali, umiliazioni, pestaggi e quant'altro, con l'aggiunta del tema di redenzione del cattivo di turno.
Commediola mal riuscita, zeppa di stereotipi e colpi di scena surreali, che va a naufragare in un finale dal buonismo che atterrisce.
Mal recitato (i protagonisti hanno sempre quelle due espressioni!), mal scritto e incredibilmente noioso; talmente low-level che, mentre lo si guarda, non si capisce dove il film vuole andare a parare. Pure la scelta dell'illuminazione si è rivelata infelice.
Tremendo, ancora mi chiedo perchè mi sono intestardita a finirlo.

Voto:









Ps: vengo ora a sapere che Anders Thomas Jensen è un aficionado del Dogma.
Lars von Trier ha colpito ancora.

lunedì 15 febbraio 2010

Stalker


Anno: 1979
Regia: Andrej Tarkovskij
Interpreti: Aleksandr Kajdanovskij, Anatolij Solonicyn, Nicolaj Grin'ko.

"Che si avverino i loro desideri,
che possano crederci.
E che possano ridere delle loro passioni.
Infatti, ciò che chiamiamo passione,
in realtà non è energia spirituale,
ma solo attrito tra l'animo ed il mondo esterno.
E soprattutto, che possano credere in se stessi,
e che diventino ingenui, come bambini:
perché la debolezza è potenza, e la forza è niente.
Quando l'Uomo nasce è debole e duttile,
quando muore è forte e rigido.
Così come l'albero,
che mentre cresce è tenero e flessibile,
e quando è duro e secco, muore.
Rigidità e forza sono compagne della morte,
debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell'Esistenza.
Ciò che si è irrigidito non vincerà".

Solo apparentemente un film di fantascienza, Сталкер è in realtà un lungo viaggio nel profondo della coscienza e della possibile conoscenza umana: un viaggio intriso di forti simbolismi e metafore.
Un Professore ed uno Scrittore (i due personaggi, senza nome, saranno così definiti per tutta la durata del film), decidono di inoltrarsi nella "Zona", territorio interdetto ai non autorizzati che si trova appena fuori la città, e nel quale le normali leggi della fisica risultano stravolte per cause non ben definite. Per accompagnarli assoldano una guida, un cosiddetto Stalker, il cui compito sarà quello di guidarli fino alla misteriosa "stanza", luogo che, secondo quanto si dice, è in grado di esaudire i desideri più profondi di chi riesce a giungervi. L'escursione nell'insidioso territorio sconosciuto, nient'altro se non l'allegoria dell'Uomo alla perenne ricerca di se stesso, sarà il teatro di lunghe digressioni e discussioni fra il Professore-scienziato e lo Scrittore-intellettuale, il primo a favore di un approccio conoscitivo scientifico-razionale, il secondo più propenso ad un atteggiamento empatico ed artistico, ma per questo anche più disincantato e scettico (nichilista, direi). A fare da mediatore, lo Stalker: colui che ha visto i desideri altrui avverarsi ed ora ha paura, ha smesso di sperare e di desiderare "la stanza" (semplicemente vi ci accompagna gli altri), e che dalla sua posizione fortemente a-valutativa ed immune da qualsivoglia dogmatismo, risulterà in definitiva il più saggio.
Per le tematiche sottese, Stalker è pellicola che trascende il genere fantascientifico in tutti i sensi, e lo fa sicuramente senza paura: alcune scene sono di una staticità snervante, e certi dialoghi spossanti nella loro pesantezza. Eppure, l'ansia del pericolo che incombe (la Zona è sempre ostile a coloro che vi si addentrano clandestinamente) ed il fascino della meta misteriosa da raggiungere, semplici artifici narrativi al servizio dei significati ultimi che il regista vuole comunicare, contribuiscono a tenere la tensione sempre alta, in un'atmosfera difficilmente definibile se non con un semplice...strana. Se a ciò aggiungiamo un finale che non poteva che rimanere aperto ed un'ultima scena piuttosto inquietante nella sua inesplicabilità, ecco che si chiude il cerchio di un'opera certamente stimolante, enigmatica, fascinosa, aulica, oserei dire.
A livello stilistico, mi sono fortemente rimasti impressi i caratteristici primissimi piani ricorrenti dell'erba, dell'acqua stagnante e delle alghe, sui quali ancora m'interrogo...e non ho potuto non adorare il repentino passaggio dal bianco e nero opprimente -fuori la Zona- al colore che dà respiro e senso di libertà -dentro la Zona: come se, nonostante il pericolo dell'ignoto, un'esistenza intrisa d'incessanti ricerche e domande sia comunque migliore della sicurezza di una squallida routine regolata da "leggi fisiche" costanti (lo Stalker stesso, noncurante dei pericoli e della devastazione fisica che la sua frequentazione causa, sembra essere schiavo della Zona: non può evitare di farvi periodicamente ritorno...).
Insomma, più scrivo di Stalker e più mi rendo conto di quanto sia complicato commentarlo... è un film da vedere, a patto che si accetti in toto la sua lentezza, la sua atmosfera surreale e la stucchevolezza di alcuni dialoghi: solo così lo si potrà apprezzare, trovandovi infiniti spunti di riflessione...per ora, non mi sento di dargli il massimo dei voti perché credo che ci sia troppo di non detto, di "lasciato allo spettatore"...ho ancora le vertigini!

Voto:




Curiosità: "Antichrist" di Lars von Trier, dedicato allo stesso Tarkovskij, è intriso di citazioni da Stalker.

venerdì 5 febbraio 2010

The Road


Anno: 2009
Regia: John Hillcoat
Interpreti: Viggo Mortensen, Charlize Theron, Guy Pearce

Dall'omonimo best-seller e premio Pulitzer dello scrittore Cormac McCarthy, ecco l'ennesimo prodotto cinematografico improntato su tematiche apocalittiche ed ambientato su un Pianeta Terra oramai "alla frutta": la storia di un padre ed un figlio che, reduci da una non meglio definita catastrofe (nucleare, si potrebbe supporre dallo strato di polvere/cenere onnipresente), si dirigono a piedi verso sud, verso il mare, in fuga da un inverno che si preannuncia troppo rigido per lasciar loro scampo.
Nonostante la tematica già vista e rivista, ritengo che questo "The Road" -film ad oggi non ancora uscito nelle sale cinematografiche italiane, abbia effettivamente qualcosa in più dei suoi predecessori: in un mondo nel quale le risorse vanno ormai ad esaurimento e all'essere umano non sembrano essere rimaste altre alternative oltre allo sciacallaggio ed al cannibalismo, si può capire come il significato etico, morale e teleologico (ehm...) di ogni singolo gesto assuma contorni del tutto discutibili. Le certezze che guidano i due protagonisti si confondono spesso con i dubbi dello spettatore, costretto ad immedesimarsi in un "contesto" nel quale la speranza non trova più posto (non a caso, protagonista di alcuni flash-back del film è la stessa madre del ragazzo, la quale, a differenza di suo marito, ha scelto a suo tempo di fuggire di fronte alla prospettiva di un'esistenza disperata). In questo senso, seppur scevro delle solite sbrodolate di effetti speciali solitamente riservate al genere, il film risulta assolutamente coinvolgente.
Aggiungendo al tutto delle ottime scelte fotografiche, registiche e musicali, perfettamente in tema col mood della pellicola, ed un'interpretazione secondo me ottima dei protagonisti, si giunge ad un prodotto forse non d'autore, ma sicuramente molto ben confezionato e vivamente consigliabile.

Voto: