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venerdì 6 agosto 2010

Il Solista


Anno: 2009
Regia: Joe Wright
Interpreti: Robert Downey Jr., Jamie Foxx

Ci sono volte in cui si va al cinema perché si vuole vedere proprio quel film...altre volte invece si va a vedere un film solo perché si ha proprio voglia di andare al cinema. In quest'ultimo caso, cedere alla tentazione può portare a volte gradevoli sorprese, mentre in altre occasioni può rivelarsi deleterio per l'umore della serata e per il portafogli...ebbene, lo ammetto: scegliere "Il Solista", unico titolo papabile nella programmazione della mia città, a cavallo tra il Luglio e l'Agosto di un anno già di per sé cinematograficamente avaro come il 2010, è stato gesto quantomeno ardito. Mi sembra doveroso fare mea culpa perché, nonostante il tema dell'opera puzzasse d'americanata veramente da mooolto lontano, ho comunque voluto dare più retta alla nostalgia da grande schermo più che al mio istinto, e sono stato giustamente punito.
Il film è tratto da una vicenda vera al 100% e successa recentemente, quando il giornalista dell'LA Times Steve Lopez, alla ricerca di una storia, si è imbattuto nel suonatore di strada Nathaniel Anthony Ayers: incuriosito dal suo aspetto ed affascinato dalla sua musica, il giornalista ha voluto conoscere meglio il passato del musicista, raccontandolo contemporaneamente nella sua rubrica. Da qui, la vicenda ruota attorno alla malattia mentale di Ayers, che l'ha spinto ad abbandonare le sue ambizioni di musicista classico ed a "rifugiarsi" nella strada, alla sua passione per la musica, al goffo tentativo di Lopez di aiutarlo in un modo troppo superficiale prima, un po' più profondo ed empatico, almeno secondo quelle che sarebbero le intenzioni del film, poi.
Ok, storia interessante e possibilmente affascinante. Il problema sta in tutto il resto.
La narrazione è sempre superficiale e bidimensionale in tutti gli aspetti che tratta, sia quelli principali (schizofrenia, senzatetto, iniziale "scopo di lucro" del giornalista che dovrebbe trasformarsi lentamente in qualcos'altro) che secondari (la magia della musica, l'impatto di una storia del genere sull'opinione pubblica, alcuni dettagli della vita di Lopez prima e dopo Ayers); i tempi sono spesso sproporzionati ed alcune scene decisamente troppo lunghe; certi tentativi di avvicinarsi al cinema d'autore con carrellate metropolitane o giochi formali sulle note del povero "Ludovico Van", che ormai definirei tristemente exploited, fanno accapponare la pelle (e non in senso positivo).
Mi sento di salvare soltanto l'interpretazione dei protagonisti (sufficiente comunque, non di più) ed una regia che, quando non si lascia andare a voli pindarici fuori dalla sua portata, si rivela comunque competente.
Di fronte al solito problemuccio connesso con la trasposizione di una storia vera su grande schermo, di cui già parlai nella primissima recensione del Cineovo, ben contento di riscontrare come l'opinione di chi è stato spettatore della vicenda dal vivo e non sul grande schermo sia vicina alla mia (se vi va leggete qua Kenneth Turan, collega di Lopez all'LA Times), prometto che d'ora in poi, quando sentirò odore di americanata, cercherò di tenermi bene alla larga.

Voto:






P.s.: se la storia vi ha allettato, magari date un'occhiata qui: la conferma che, oltre alla rubrica di Lopez ed al suo libro sul tema, di questo film non è che si sentisse proprio il bisogno.

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