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giovedì 19 novembre 2009

Caro diario


Anno: 1993.
Regia: Nanni Moretti.
Interpreti: Nanni Moretti, Silvia Nono, Renato Carpentieri, Antonio Neiwiller, Giulio Base.

Chi mi conosce lo sa, io adoro Nanni Moretti, e questa pellicola ne è così intrisa che non posso che amarla.
Abbandonato lo pseudonimo feticcio dei film precedenti, "Michele Apicella", ora Moretti ci permette di avere finalmente a che fare con un se stesso allo stato puro, nel quale ansia, insicurezza e nevrosi, ma soprattutto ironia e riflessione, si emulsionano a quello zic di antipatia ed egocentrismo che ci rende categorici facendoci dire: o lo si ama o lo si odia. E così quest'opera, semplicemente.
Il film è diviso in tre capitoli, scritti bene o male secondo una stessa struttura, che raccontano, come in un diario in movimento letto dalla voce fuori campo, alcuni momenti della vita del protagonista. Nel primo lo vediamo gironzolare in Vespa per le vie di una Roma estiva, alla ricerca di panoramiche di palazzi, riflettendo su architettura, vita e cinema italiano, ormai "trash-intellettualoide". Il secondo è un'odissea giocosa attraverso le isole Eolie, alla ricerca della tranquillità necessaria alla preparazione di un film, accompagnato dall'amico Gerardo, ritiratosi a Lipari per dedicarsi allo studio in solitudine, ma che si scoprirà un teledipendente accanito. Il capitolo finale, toccante, racconta di un terzo pellegrinaggio di Moretti: quello attraverso decine di studi medici, di grandi professori come dire ciarlatani, fino alla diagnosi di linfoma, ironicamente resa possibile grazie all'intuizione di un dottore in medicina cinese durante una seduta di agopuntura. Da notare la sequenza della chemioterapia, originale.
"Caro diario" non è un capolavoro, e non ne ha la pretesa, eppure vola alto: una grande colonna sonora diventa essenziale nelle molte, e lunghe, scene narrative in cui lo spettatore è alle spalle del protagonista a seguirlo, strutturate da una regia attenta ed eloquente. Azzeccata la scelta del ritmo: momenti leggeri vengono alternati a campi lunghi o medi, accompagnati da pianoforte, nei quali al centro dell'inquadratura vi è solo il personaggio principale, alle prese con una solitudine mai tinta di malinconia. Sotto tono è, a volte, l'aspetto recitativo, soprattutto in Renato Carpentieri (Gerardo).
Meraviglioso Moretti (come sempre, oserei dire): difficile non scoppiare a ridere vedendolo torturare il critico di "Henry pioggia di sangue", colpevole di un giudizio positivo su questo, leggendogli le sue stesse pessime recensioni, o non commuoversi guardandolo, solo e disorientato, alle prese con il mostro della malattia.
Doverosa almeno una citazione dal film:

Nanni in Vespa si ferma a un semaforo e comincia a parlare a un tizio seduto su una cabriolet, che non sembra dargli molto retta:
- Sa cosa stavo pensando? Io stavo pensando una cosa molto triste, cioè che io, anche in una società più decente di questa, mi troverò sempre con una minoranza di persone. Ma non nel senso di quei film dove c'è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un'isola deserta perché il regista non crede nelle persone. Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d'accordo con una minoranza...e quindi...-
Scatta il verde e il tizio se ne va, lasciando Moretti a metà frase.

Geniale.


Voto:



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